


It was a good opportunity to get exposure to the German language used in a different and less practical mode, from over a century ago, and identify familiar words, add new ones to my lexicon (Seligkeit/bliss, glühend/glowing, geduld/patience, berühren/touch, Dichter/poet, etc.), and at the very least let them wash over me so they can be more familiar later. This volume from 1907 lent itself to a helpful exercise: reading a poem (typically aloud) in German, then reading the English translation, then going back through the original line-by-line to analyze specific phrases. Instead, I found a collection of translated German poetry, including a biography of Ranier Maria Rilke that I read first. I've been studying German for a few years, and went looking for narrative deutsche Bücher, but my local library did not have any in its language section. Rainer Maria Rilke a Mosca in un disegno di Léonid Pasternak.

Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, anonimi e non più distinguibili da noi stessi, solo allora può darsi che in una rarissima ora si levi dal loro centro e sgorghi la prima parola di un verso.īrano tratto da I quaderni di Malte Laurids Brigge Bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e avere la grande pazienza d’attendere che ritornino. Ma anche accanto ai moribondi bisogna esser stati, bisogna essere rimasti vicino ai morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori a folate. Bisogna avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra, di grida di partorienti e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono. Bisogna saper ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e congedi previsti da tempo, a giorni dell’infanzia ancora indecifrati, ai genitori che eravamo costretti a ferire quando ci porgevano una gioia e non la comprendevamo (era una gioia per qualcun altro), a malattie infantili che cominciavano in modo così strano con tante profonde e gravi trasformazioni, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare soprattutto, ai mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano assieme alle stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto questo. Per scrivere un verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna capire il volo degli uccelli e comprendere il gesto con cui i piccoli fiori si schiudono al mattino. Perché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si acquistano precocemente), sono esperienze. Bisognerebbe saper attendere e raccogliere, per una vita intera e possibilmente lunga, senso e dolcezza, e poi, proprio alla fine, si potrebbero forse scrivere dieci righe valide.
